Salina e dintorni: Terra e acqua

SALINA, UNA VITA

1968 - 2022. Oltre cinquant'anni sono trascorsi da quell'indimenticabile mattino di inizio agosto quando, insieme a un gruppo di scouts, misi piede per la prima volta sull'Isola Incantata: Salina, l'antica Didyme. Talvolta, ripensando alle emozioni di quel giorno, riesco ancora a ricordare, a "vedere" distintamente la sua forma così come ci apparve all'orizzonte nella bruma mattutina, pigramente adagiata in mezzo a un mare e un cielo sterminati che ci contenevano in un abbraccio totale, inebriante. Delirio dei sensi, devastante incantesimo...

Terra e acqua

Il mare non ha mai detto alla terra m'appartieni e la terra non ha mai risposto al mare ti posseggo! Eppur non c'è mare che la terra non abbracci e non c'è terra che il mare non lambisca.

(Anna Piediscalzi, da Per le vie della vita e della morte)

"Salina e dintorni" poesia e immagini
(fotografia Maurizio Robotti, acquerello Pinuccia Pagnoni)

Il faro di Lingua - Isola di Salina

Isole Eolie (Eolie Islands)

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… Soltanto poche ore prima, imbarcati sulla motonave Eolo, avevamo lasciato Napoli e il suo golfo sfavillante di luci nella cornice di un tramonto mozzafiato.

Eravamo giovani ventenni. Alcuni di noi avevano appena terminato la maturità al Liceo o all'Istituto Tecnico, il cosiddetto esame di Stato: l'esame dove ancora erano richieste tutte le materie dell'intero corso di studi. Una settimana di prove scritte poi, se superavi gli scritti, un'altra settimana di prove orali. Giornate al cardiopalma, un mese terrificante e chi usciva indenne da quell'incubo si sentiva un gigante con il mondo tra le mani. Eravamo però anche perfettamente consci che purtroppo, con quell'esame, si chiudeva definitivamente un capitolo stupendo della nostra giovane esistenza e se ne stava per aprire un altro, magari ancora più esaltante, con l'inizio degli studi universitari e la consapevolezza di essere, forse, diventati più "grandi".

Eravamo giovani ventenni cui la sorte aveva concesso il privilegio di "vivere" il decennio più sconvolgente e forse più bello del Novecento, gli anni '60. Oltretutto in una splendida Bologna, la mia città. Cosa desiderare di più! Avevamo grandi sogni, eravamo entusiasti di tutto ma soprattutto ci si accontentava di poco, abituati all'essenziale fin da bambini. Intraprendere un viaggiò così lungo per raggiungere una piccola isola in mezzo al Tirreno era uno di quei sogni che si stava avverando. Per noi, le isole Eolie a quei tempi altro non erano che punti quasi indistinti sulla carta geografica, soltanto un gruppo di isole facenti parte di un noioso elenco di arcipelaghi italiani studiato a memoria sui libri di geografia. Il solo pensiero di affrontare il mare per raggiungere quelle isole su di una piccola e vecchia motonave, dava a tutti noi quasi la certezza che stavamo per vivere un avvenimento unico, un'occasione da non perdere, una fortuna per pochi eletti. E così in effetti è stato. Poi, a seguito delle emozioni di quei giorni indimenticabili è nata una lunga storia …

... Così, dopo il saluto dell'ultimo gabbiano che abbandona la scia della nave, le tenebre ci avvolgono e inizia per noi un'avventura esaltante, piena di mistero e di fascino esotico.

Abbiamo la sensazione di entrare in un'altra dimensione e di essere noi stessi attori in un sogno ad occhi aperti che ci accompagnerà per un'intera notte. Nonostante la stanchezza nessuno ha voglia di riposare e fin quasi all'alba si canta e si parla in un coinvolgimento totale, sovrastati da un universo di stelle, con l'adrenalina a mille ed esaltati da quell'atmosfera mai conosciuta prima di allora. Una specie di sbornia euforica incontrollabile.

Ma ecco che ai primi chiarori, verso prua, cominciamo ad intravvedere in lontananza la sagoma scura e inquietante di un'isola con la sommità avvolta da vapori rossastri, un cono terrificante che si erge verso il cielo:

« Stromboli. Prepararsi per Stromboli » urla più volte un marinaio.

Quello che poco dopo appare ai nostri occhi è un paesaggio surreale, quasi finto, ovattato, collocato in un tempo senza inizio e senza fine, in uno spazio senza confini. Rimaniamo in silenzio appoggiati coi gomiti sul parapetto della nave, forse troppo stanchi per proferire parola o forse sbigottiti dall'ambiente fiabesco in cui ci siamo risvegliati. Osserviamo increduli quel mare cristallino sotto di noi, poi lo sguardo inebetito comincia a vagare qua e là verso il paese, le spiagge nere, i canneti, la macchia mediterranea, poi più su, verso la cima ancora avvolta dai vapori. Un altro pianeta. Sensazioni uniche. Profumo eoliano. Qui, per la prima volta, percepiamo distintamente l'inconfondibile "profumo eoliano" in cui è racchiusa tutta l'essenza e la magia di queste isole.

Lasciata malinconicamente Stromboli, permeati da un sole già caldo, incontriamo il primo scoglio dell'arcipelago di Panarea, Basiluzzo, con le sue guglie vertiginose e le pareti strapiombanti in mare: un'altra "presenza" quasi inverosimile, immagine e testimonianza di una creazione sconvolgente e sublime che qui ha fermato l'incedere dei giorni. Siamo smarriti da tanta bellezza. Poi, quasi all'improvviso, sulla destra si materializza Panarea, come pietra preziosa, incastonata tra cielo e mare, immersa in un silenzio sovrumano, quasi finto. Mare deserto, senza una barca. Quiete profonda. Ma questa, pur straordinaria e unica, non è la nostra meta definitiva che sappiamo essere più in là ancora, laggiù dietro l'angolo, dietro l’ultima punta di Panarea, Capo Milazzese e Calajunco, laggiù verso ponente... ed eccola finalmente all'orizzonte, Salina... la fine e l'inizio dei nostri sogni...

Un monte alto e rigoglioso con la cima avvolta da una nuvola bianca, il mare immobile, profondo blu, quindi indaco fino a raggiungere la trasparenza assoluta in prossimità della riva, una "lingua" assolata di sassi bersagliata dal sole fin dalle prime luci. Un pergolato di canne con quattro tavoli sgangherati (ndr, il bar di Alfredo), un cane in cerca d'acqua nella vecchia fontana sul limitare della spiaggia, alcune case, un vicolo, un curioso laghetto, un faro d'altri tempi... Tutt'intorno mare e cielo, a perdita d'occhio, l'apoteosi del "blu" senza fine. Nient'altro. Ma è già quel che basta e la folgorazione arriva immediata e inesorabile senza lasciare il tempo di capirci qualcosa.

Qui ha inizio il sortilegio di qualche misteriosa ninfa che da allora mi riporta ogni anno sull'Isola Incantata dove estate dopo estate ho visto crescere i miei affetti, la mia famiglia. Forse i ricordi di quel giorno sono ora un po' sbiaditi, sfuocati, come le uniche due cartoline color seppia appese perennemente, a quei tempi, sulla porta blu del bar di Alfredo, ma le immagini, quelle poche immagini fotografiche catturate fra un battito e l'altro di ciglia sotto il sole sfolgorante e rovente sono rimaste perfettamente nitide, nascoste chissà dove, chissà in quale recondito angolo di mente (o di cuore?) al riparo dall'avanzare inesorabile del tempo e dell'età.

Negli anni mi sono perdutamente innamorato di quest'isola, come di tutte le Eolie. Ho imparato ad amarla, a conoscerla profondamente e a "viverla" intensamente, dapprima dal mare a nuoto e col gommone, esplorandone tutti gli anfratti, le grotte e le insenature, poi da terra camminando spesso in solitudine per sentieri, boschi, dirupi e canaloni fin sulla cima dei suoi due monti quasi "gemelli" (Fossa delle Felci e Monte dei Porri) da cui l'isola prende l'antico nome, Didyme per l'appunto.

Ora Salina e le Eolie sono parte della mia vita. Da quei lontani giorni di agosto ad oggi c'è tutta una storia, una lunga e meravigliosa storia di incontri e di avventure. Con alcuni, dopo esserci persi di vista per anni (non si sa come), ci siamo alfine ritrovati, con qualche ruga in più e qualche capello in meno. Lungo il cammino tante persone care purtroppo ci hanno lasciato e alcune ora riposano nel piccolo cimitero a pochi metri dal mare tra il fragore delle onde e l'armonia del vento: anche questo capitolo, seppur possa lasciare un velo di malinconia, è parte del romanzo... La storia continua...

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